Com'era weird la mia valle...e la mia giovinezza!

(di GIUSEPPE MARESCA) - Odio il periodo finale dell'anno scolastico: alunni svogliati che faticano a memorizzare la quarta declinazione latina, altri che non capiscono la poesia italiana del Novecento (figurarsi quindi quella latina) varie ed eventuali (e questa è la cosa peggiore più dei fisiologici somari) della cyber-burocrazia che ha trasformato la scuola più in un ufficio di collocamento mal funzionante che nel baluardo del sapere. Eppure ecco arrivare qualcosa che mi fa appoggiare la schiena al divano, chiudere gli occhi, mandare al diavolo le pile di compiti che in maniera disordinata mi aspettano sul tavolo (dubito fortemente che con la tramontana che soffia quest'anno, salvo rari casi, là in mezzo ci sia qualche capolavoro della letteratura) e farmi ritornare con la memoria a quando anche io ero un somaro del liceo con poca voglia di studiare ma con una grande curiosità per i libri; un volume, una sorta di grimoire dell'alchimista, più prezioso delle Tre madri di Varelli più ricco del De vermis mysteriis di Ludwig Prinn, più completo della Clavicula Salomonis di un anonimo contaballe; Com'era weird la mia valle (ironico omaggio anche nella copertina all'elegiaco film di John Ford), del bravo Fabio Lastrucci e del suo altrettanto prode moschettiere Vincenzo Barone Lumaga. Dover recensire un libro del genere è stato sempre il mio sogno, anzi, per dirla con parole di Lansdale: è così bello che avrei voluto scriverlo io!
Perché tanto entusiasmo da parte dello scrivente? Ovvio, perché era un libro di cui si sentiva la mancanza! Nessuno (o quantomeno pochi) fin'ora in Italia aveva scritto un saggio così esauriente, così ricco di materiale iconografico, così arguto nelle osservazioni, dedicandolo ad un genere che in Italia è sempre stato snobbato in favore di una letteratura più rassicurante, minimalista e a tratti pure noiosa (mi fermo qui perché il lettore medio o gli autori di successo di romanzi contemporanei italiani potrebbero volermene...nevvero?). Credetemi, c'è tutto, ma proprio tutto, dalle origini e dal perché di questo genere così difficile da scrivere ma così profondo nei contenuti, nella terra del sole non ha avuto il meritato successo, da autentici big della letteratura straniera come Hodgson, Barker, Poe, Blackwood e ovviamente Lovecraft (cito solo i più famosi, gli altri sarà per voi una sorpresa scoprirli leggendo) ai nostrani bardi dell'horror come Baldini, Arona, Di Orazio e tante altre vecchie e nuove leve del genere. Pensate di sapere tutto sulle case infestate? Beh, leggendo questo libro vi accorgerete che sbagliate. Credete che i fantasmi non facciano paura al giorno d'oggi? Ributtatevi nei classici dell'Ottocento e non, grazie alle pagine di questo arguto saggio. Siete accaniti lettori di Dylan Dog o conoscete l'horror solo grazie all'indagatore dell'incubo? Tra queste pagine troverete tutti i bisnonni del celebre inquilino di Craven Road. Ah, chi ha detto che del maiale si fanno solo salsicce? Grazie a questo volume scoprirete come il maiale può anche fare salsicce di uomo (giuro, il paragone tra Pig blood blues (ridicolamente tradotto in Italia come Mai dire maiale), uno dei racconti più geniali di Barker e il grottesco Il carognone di Baldini merita più di un applauso)!
Finito? Mica tanto, c'è spazio per la narrativa di Lovecraft e dei suoi epigoni, l'heroic fantasy, la narrativa italiana della paura e molto, molto altro affrontato con la serietà del trattato scientifico (Freud deve dire grazie a tutti gli autori di letteratura horror più che alla sua affezionata cocaina) che mi hanno riportato indietro nel tempo a quando per la prima volta lessi Il mago della sabbia di Hoffmann per un corso universitario. Tra le pagine di questo libro ho ritrovato il gusto per la magia, perché ho vissuto l'incantesimo di tornare piccolo, infinitesimalmente piccolo, di soli quindici anni, un ragazzino di neanche cinquantaquattro chili (e non un omone di quasi cento come sono adesso) con un crine irsuto alla Battisti (cari dolci vecchi capelli, dove siete finiti?) che entra in una giornata piovosa in cui ha deciso di marinare la scuola in una libreria del centro di Catania (che adesso è finita dove è finito il mio compianto crine, ma si sa, tutte le cose belle, per citare il grande Bradbury - a proposito, c'è pure lui nel libro di Fabio e Vicenzo - finiscono sempre!) e si imbatte nella copertina di Sudario di Clive Barker, e da allora il gusto per il fantastico, per il weird (ritrovato anche in edicola grazie alle preziose collane di racconti horror di Mondadori, Nord e compagnia cantante), non lo ha più abbandonato. Sì, fare un libro del genere era davvero difficile (e si potevano affrontare ancora mille argomenti ancora sconosciuti dell'horror vecchio e nuovo), ma 'sticazzi, ad avercene libri così! Bisognerebbe adottarlo nelle scuole per insegnare ai ragazzi il gusto per il meraviglioso, per il mistero e per il Sublime, sentimenti che solo la buona letteratura horror sa trasmettere, vedrete che miracolosamente la cyber-coglioneria diminuirebbe! Grazie weird boys, adesso da parte vostra un secondo volume è d'obbligo! 

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