Da plebea a borghese, torna in libreria la strega di Biagio Arixi
(di LUCA RAIMONDI) - Grazie a “Strega borghese” ho
scoperto un autore raffinato, Biagio Arixi, un sardo trapiantato da anni a
Roma, con una vasta bibliografia alla spalle (apprezzatissimo in particolare
come poeta, di lui si sono occupati i nomi più illustri della cultura
italiana), che nella maturità ha trovato una felice ispirazione fantastica,
sovrannaturale. Già autore di “Strega plebea” (edito da Arkadia), che non ho
purtroppo avuto il piacere di leggere, ha appena pubblicato una “Strega
borghese” che riprende le gesta di Carmen, una giovane ammantata di mistero,
cresciuta da una zia bigotta, che scopre poi di avere delle doti arcane. Ho
ricevuto il libro per recensirlo e l’ho letto tutto d’un fiato, ignorando
inizialmente che fosse una sorta di sequel di un altro libro, così esprimerò le
mie riflessioni conscio che si tratta di una visione del tutto parziale del
personaggio creato da Arixi, d’altro canto il libro si legge senza alcun problema
anche ignorando il suo predecessore, anzi, forse il non conoscere gli antefatti
se da un lato rende incompleta la mia visione del personaggio, dall’altro ha
reso più suggestiva la mia lettura. D’altro canto è risaputo che libri come “Il
signore degli anelli” lasciano sullo sfondo tanti eventi (che in quel caso sono
stati più ampiamente trattati da “Il Silmarillion”, che non ha tolto o aggiunto
nulla al più celebre tomo tolkieniano) e il loro fascino consiste (anche) in
quei retroscena appena accennati, nebulosi; ecco quindi che anche una lettura
autonoma del nuovo libro di Arixi, peraltro edita da una diversa casa editrice
(in questo caso a portare la strega Carmen in libreria è stata la napoletana
Milena), credo sia del tutto legittima.
Fatta questa doverosa premessa,
riassumo in breve la trama di “Strega borghese”: siamo nel 1941 a Villasor, nel
cagliaritano, la regione è bersaglio di feroci bombardamenti e Carmen,
tormentata da “qualcosa di oscuro”, fugge dal borgo natio, con sulla coscienza
addirittura l’omicidio del padre. Sulla corriera che la porta verso Oristano,
la mente di Carmen è alterata da voci e visioni che la fanno apparire come una
“squilibrata” agli occhi dei presenti. E i suoi, di occhi, sono affacciati su
un’altra dimensione tutt’altro che equilibrata, in cui un mostruoso essere
animalesco tenta di fermare la corsa del veicolo. Le dita a membrana, gli
artigli enormi, la pelle coperta da scaglie giganti, la creatura sembra
partorita da Lovecraft e a noi appassionati di letteratura horror la cosa non
può che far piacere. In preda a quella visione Carmen accosta l’autista del bus
e spinge il volante, portando il mezzo a fermarsi, salvando così l’intera
comitiva: poco più in là sarebbe infatti esploso un finto paracarro in cui
erano stati nascosti ordigni esplosivi. Chi è dunque Carmen? Una santa o una
strega? Forse soltanto un essere umano, con le sue contraddizioni, che ha però
delle doti straordinaria di preveggenza (e, come scopriremo più avanti, anche
di telecinesi).
Carmen è quindi già dalle prime
pagine un personaggio affascinante, e non solo per la sua bellezza
adeguatamente rievocata in copertina dalla fotomodella Salomè Da Silva, ma
anche e soprattutto perché difficile da delineare, densa com’è di ambivalenze e
chiaroscuri. Non è tuttavia l’unica protagonista, il libro ha anche una
componente poliziesca affidata a un maresciallo dei carabinieri, l’aitante
trentenne Omero Somàro, che per il suo cognome è schernito dai più (c’è chi lo
chiama “lo burricu”, l’asino appunto, in dialetto sardo), particolarmente
attratto dalle grazie della presunta strega, che per puro caso – dopo averla
conosciuta – si trova a dover indagare su di lei, implicata con il delitto del
Priore Battista Fogu (padre in quanto frate, ma anche padre carnale di Carmen),
nella cui cella conventuale è rinvenuto un “Testamento e patteggiamento cu
s’aramigu” (il diavolo, in sardo)... Carmen si rifugia nel castello Malaflores,
ospite della contessa Milly Lussu De Cardona, una sua protettrice che ne
riconosce le virtù positive, tant’è che a lei più che una strega Carmen sembra
una fata. Una figura materna che supporta Carmen in un momento assai difficile,
per quanto anche lei divorata da sensi di colpa e antichi dolori mai del tutto
rimossi. Ci sono anche pagine molto sensuali in cui la giovane Carmen, nella
pace del castello, riscopre le sue pulsioni sessuali mai appagate, e altre che
sembrano partorite da Daphne De Maurier, da Charlotte Bronte o da Henry James (ma
c’è spazio anche per un riferimento a Edgar Allan Poe), laddove il castello,
secondo tradizione, comincia a snocciolare i suoi fantasmi e le sue maledizioni
per onorare la presenza della bella strega, prima che nella parte finale torni
in scena il maresciallo Somàro.
A proposito di Somàro, a pagina
25 confessa di amare Pessoa, Svevo, Dostoevskij, Zweig, Proust, Malraux e, su tutti, Victor Hugo. Anche Arixi certamente ha queste ottime letture alle
spalle e non manca di segnalarcele tramite il suo alter ego (Somàro peraltro ha lo stesso segno zodiacale
di Arixi – e mio –, l’acquario, segno sincero, creativo e sognatore). L’influenza di
Hugo, in particolare, si avverte nello stile romantico, popolare ed elegante al
tempo stesso, adottato da Arixi con grande naturalezza. “Strega borghese” è
insomma un breve feuilleton d’autore, insaporito da ingredienti tipici sardi
(tra le tante visioni di Carmen anche “S’ammuntadore”, funerea creatura
mitologica), piacevole e mai triviale, in cui l’elemento fantastico è ben
intrecciato alla dura realtà di quella stupenda isola martoriata dalla tragedia
della seconda guerra mondiale. Arixi si fa portatore di una letteratura di
altri tempi, con poche o nulle concessioni al gusto contemporaneo, in un ispirato
esercizio di stile rétro che piacerà senz’altro a un pubblico maturo e compassato ma
che non mancherà di creare qualche suggestione anche ai più giovani, che
potranno godere della limpida e fluida scrittura dell’autore. In ultima
analisi, introspezione e atmosfere gotiche vintage la fanno da padrone, si
astenga pure dalla lettura chi è in cerca di ardite sperimentazioni
contemporanee o di sanguinosi orrori descritti con chirurgica pignoleria.
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